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Il lungo itinere del reato di omicidio stradale

Il CRARL segue con attenzione l’iter della legge sul “reato di omicidio stradale”. In attesa di nuovi sviluppi del dibattito in sede istituzionale desideriamo tenere alta l’attenzione sul problema,  proponendo ai nostri lettori un articolo a firma dell’ Avv. Maria Chiara Pirritano, che collabora con il Centro di Riferimento Alcologico della Regione Lazio come esperto in materia. Molte sono le iniziative che il CRARL intende programmare per informare sull’argomento.

Il fenomeno dell’infortunistica stradale ha ormai raggiunto livelli di pericolosità non più contrastabili con l’attuale quadro normativo.

I numeri ci danno contezza della gravità della situazione: circa 3.000 sono le persone decedute ogni anno in Italia a causa di incidenti stradali e di queste, secondo l’Istituto di Sanità, circa 1/3 sarebbero vittime di soggetti sotto effetto di alcol o di droghe. Numeri e statistiche che rivelano l’insufficienza della risposta sanzionatoria approntata dal nostro sistema giuridico di fronte al dilagare di condotte illecite ad opera di coloro che ormai si possono comunemente identificare come “killer della strada”.

Da alcuni anni si auspica un intervento legislativo volto ad introdurre una fattispecie delittuosa ad hoc di “omicidio stradale”, soprattutto al fine di evitare che il regime punitivo venga affidato alle incerte oscillazioni giurisprudenziali che colorano la distinzione tra colpa cosciente e dolo eventuale.

Non esiste, infatti, nell’ordinamento giuridico italiano un’autonoma considerazione del fenomeno, la cui tutela, proprio per la gravità delle conseguenze che ne derivano, non può essere così incerta e variabile a seconda che la condotta dell’agente venga fatta rientrare nell’alveo dell’omicidio doloso ex art. 575 c.p. o in quello dell’omicidio colposo ex art. 589 c.p., affidando così alla valutazione assai complessa dell’elemento soggettivo le conseguenze punitive della condotta.

Ad eccezione di alcune pronunce giurisprudenziali più ardite – che hanno ravvisato un’ipotesi di responsabilità a titolo doloso in presenza di incidenti automobilistici caratterizzati da macroscopiche e consapevoli violazioni delle regole cautelari – generalmente nell’attuale assetto normativo, l’omicidio connesso alla violazione delle norme sulla circolazione stradale viene ricondotto alla fattispecie comune dell’omicidio colposo, ancorchè aggravato, salva l’eventuale e concorrente integrazione di altre fattispecie di illecito amministrativo o penale specificamente previste dal Codice della Strada.

Le pene attualmente previste nel caso di omicidio colposo con violazione delle norme stradali oscillano tra i 2 ed i 7 anni, per aumentare dai 3 ai 10 anni nel caso in cui il fatto sia commesso da soggetto in stato di ebbrezza con tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l.

Nell’ipotesi in cui il fatto abbia cagionato la morte di più persone, la pena può arrivare a 15 anni. In ogni caso, laddove sia contestata l’aggravante della guida in stato di ebbrezza con tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l, le circostanza attenuanti non possono mai, nel giudizio di bilanciamento operato dal giudice, essere considerate equivalenti o prevalenti.

Su questo sfondo fa breccia la proposta di legge C.3169-B già approvata dal Senato e in attesa della nuova lettura alla Camera dopo l’emendamento che ha escluso l’arresto obbligatorio in flagranza di reato nel caso in cui chi ha cagionato lesioni personali nel corso di un incidente stradale si sia fermato a prestare soccorso alla vittima.

Il testo di legge al vaglio del Senato conferma la fattispecie generica di omicidio colposo commesso con la violazione di norme sulla circolazione stradale, punendolo con la reclusione da 2 a 7 anni; sanziona con la reclusione da 8 a 12 anni l’omicidio stradale colposo commesso da conducenti in stato di ebbrezza alcolica grave (tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l) o di alterazione psicofisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope (se si tratta di conducenti professionali è sufficiente per l’applicazione della medesima pena essere in stato di ebbrezza alcolica media, ossia con tasso alcolemico tra 0,8 g/l e 1,5 g/l).

E’, invece, punito con la reclusione da 5 a 10 anni l’omicidio stradale colposo commesso da conducenti in stato di ebbrezza alcolica media, autori di specifici comportamenti connotati da imprudenza, quali il superamento di limiti di velocità, l’attraversamento di incroci con semaforo rosso, la circolazione contromano, l’inversione di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi.

Nel caso in cui il conducente abbia cagionato il decesso di più persone la pena può arrivare sino a 18 anni, mentre è prevista una specifica circostanza aggravante nel caso in cui il conducente responsabile di omicidio stradale colposo si sia dato alla fuga; in tale ipotesi la pena è aumentata da 1/3 a 2/3 e non può in ogni caso essere inferiore a 5 anni.

Sono state apportate ulteriori modifiche anche al Codice della Strada, tra le quali la previsione per cui alla condanna per il reato di omicidio stradale consegue la revoca della patente (anche nel caso di applicazione della sospensione condizionale della pena) e quella per cui nelle ipotesi di revoca della patente conseguente alla commissione delle fattispecie più gravi di omicidio stradale, l’interessato non può conseguire una nuova patente prima che siano decorsi 15 anni dalla revoca. Il termine è elevato a 20 anni se l’interessato è già stato condannato per guida in stato di ebbrezza e a 30 anni se si sia dato alla fuga.

Tali innovazioni consentono di osservare che l’inasprimento della risposta sanzionatoria voluto dal Legislatore si è svolto secondo una logica a tutto tondo, avendo interessato il Codice penale, il Codice di procedura penale e il Codice stradale.

In particolare l’aumento dei minimi edittali delle pene previste dal Codice sostanziale è sintomatico della volontà del Legislatore di prevenire o limitare atteggiamenti indulgenti derivanti dall’applicazione di istituti favorevoli all’imputato con evidenti ricadute in termini di effettività della pena.

Ciò che quindi, in buona sostanza, ci si auspica dall’introduzione della nuova fattispecie così come strutturata è un effetto general-preventivo che possa fungere da idoneo deterrente per future condotte illecite, sensibilizzando l’opinione pubblica rispetto ad un fenomeno dai connotati ormai sempre più seri, nonché una maggiore effettività della sanzione penale attraverso l’irrogazione di pene più severe, nonchè pene accessorie più efficaci come la revoca della patente per un lungo lasso di tempo.

Autore: Avv. Maria Chiara Pirritano

 

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