Siglati i Protocolli d’Intesa con le associazioni Comunità in Dialogo, Il Faro Onlus, ANCA, il Centro Servizi Volontariato del Lazio (CESV), gli Assistenti Sanitari e il Dipartimento delle Dipendenze della Salute Mentale di Frosinone.
Articolo di Roberta Manfredini – Fonte POLICLINICO NEWS
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In continuità con le edizioni di Roma, Rieti, Tivoli e Civitavecchia realizzate nel 2015, il Centro Riferimento Alcologico della Regione Lazio (CRARL) ha organizzato una giornata formativa sul Progetto SAM (Servizi Alcologia Mappati) nel territorio della provincia di Frosinone.
L’iniziativa, “Come affrontare la dipendenza da alcol. L’integrazione Bio-Psico-Sociale e il progetto SAM”,realizzata in collaborazione con la Società Italiana per il Trattamento dell’Alcolismo e le sue Complicanze (SITAC), si è tenuta presso l’Auditorium Diocesano di Frosinone lo scorso 19 maggio.
Come nelle altre province del Lazio, anche in quella di Frosinone sono diverse le realtà locali -nate spesso su iniziativa privata e personale – che si sono attivate per aiutare ragazzi e adulti.
A Frosinone, il prof. Mauro Ceccanti, responsabile del CRARL, ha siglato i Protocolli d’Intesa con le associazioni di volontariato Comunità in Dialogo, Il Faro Onlus, ANCA, il Centro Servizi Volontariato del Lazio (CESV), gli Assistenti Sanitari e con il Dipartimento delle Dipendenze della Salute Mentale di Frosinone.
Nel corso della giornata abbiamo incontrato la dott.ssa Paola Capoleva, Presidente del Centro Servizi Volontariato del Lazio (CESV) che supporta le associazioni di volontariato nella loro azione di formazione, informazione ma anche di promozione delle attività che le associazioni svolgono in favore della popolazione e delle persone che hanno più bisogno.
«Il nostro ruolo non è però solo questo – ha sottolineato Capoleva – noi da tempo stiamo attivando una serie di progetti anche in collaborazione con enti e istituzioni pubbliche, affinché le associazioni in rete facciano delle attività in collaborazione per implementare un’attività di innovazione e di ricerca rispetto ai nuovi bisogni, perché il tema dell’alcolismo trovi riscontri sempre nuovi, soprattutto per quanto riguarda le implicazioni psico-sociali che la malattia stessa ha».
Nelle relazioni della giornata si è parlato molto di giovani e, la dott.ssa Capoleva rivolge a tutti un appello importante: «avvicinare, attraverso le associazioni di volontariato, i giovani a queste tematiche e anche all’impegno nel volontariato sul territorio, può diventare un’azione di prevenzione formidabile, perché attraverso una collaborazione, un’attività di condivisione si possono acquisire stili di vita e valori che possono proteggere i ragazzi dalle dipendenze Quindi, il mio appello è soprattutto a migliorare il livello di rete fra le associazioni stesse ma anche, attivare azioni di promozione tra i giovani affinché l’attività di volontariato possa essere perseguita con maggior coinvolgimento anche da loro!».
A proposito di giovani, l’ing. Armando Caringi che da 27 anni fa il volontario nell’associazione Il Faro Onlus di Sora, soprattutto con progetti di informazione nelle scuole, ha evidenziato che «i numeri sono preoccupanti, per cui gli interventi devono essere progettati in maniera più ramificata e più intensa rispetto al dilagare di una cultura che è, invece, tendenzialmente tollerante rispetto all’uso dell’alcol, soprattutto in età sempre più bassa. Noi riscontriamo casi, numeri significativi già alle medie inferiori di approcci e di eventi in cui l’abuso è, non solo agito ma anche percepito in maniera positiva; è sul modello culturale che c’è la chiave più allarmante: non è solo il fatto che accada ma che l’abuso venga letto in maniera positiva dalla popolazione giovanile».
Nel contesto della prevenzione un ruolo importante è quello svolto dall’assistente sanitario, una figura professionale che lavora principalmente sul territorio, come ci ha spiegato il dott. Alessandro Macedonio,presidente della Sezione Lazio degli Assistenti Sanitari, nonché Direttore Didattico del CL in Assistenza Sanitaria della Sapienza di Roma, che ha aggiunto: «gli assistenti sanitari sono presenti sia nei Centri vaccinali, dove è importante, per esempio, l’approccio con la donna in gravidanza che deve fare massima attenzione all’uso anche minimo di alcol, ma anche nei consultori, dove svolgiamo un’opera di educazione sanitaria, con particolare attenzione alle categorie più deboli e alle donne straniere. Siamo presenti anche nelle scuole, con Progetti mirati prevalentemente sul tema delle vaccinazioni, delle malattie prevenibili e, in generale, sulla promozione della salute».
Nelle campagne d’informazione è importante veicolare i messaggi in modo corretto, anzi «è fondamentale che i messaggi siano fruibili dalla maggior parte della popolazione» – ha evidenziato il Dott. Fabio Attilia, dirigente medico presso il CRARL che ha aggiunto: «la patologia alcolica è una patologia multifattoriale e per tale motivo è necessaria una risposta multifattoriale, quindi, è importante la collaborazione fra le varie figure. Noi medici, assumendo il ruolo di coordinatori, non dobbiamo dimenticare mai l’aspetto psichiatrico, bio-psicosociale e, soprattutto, l’aspetto comunicativo».
Padre Matteo Tagliaferri che ha fondato a Trevigliano, 25 anni fa, l’associazione “Comunità in dialogo” e che oggi ha sedi in diverse parti del mondo, quando ha iniziato ad occuparsi di alcolisti e tossicodipendenti non immaginava certo che da una semplice iniziativa di accoglienza per quei pochi ragazzi, (dei quali ricorda perfettamente tutti i nomi!) potesse svilupparsi un’attività utile e indispensabile per quelle famiglie disperate che vedevano in Padre Matteo la strada per la salvezza dei loro figli. Il religioso ha sentito il dovere di continuare a tendere una mano a quei ragazzi e, in quest’opera, è stato aiutato anche dal Prof. Ceccanti che ha avuto la fortuna di conoscere già all’epoca.
Nel ripercorrere brevemente l’inizio dell’attività dell’associazione, Padre Matteo usa un tono di voce flebile, quasi come segno di doveroso rispetto verso i suoi primi assistiti e si sofferma su di un aspetto fondamentale della relazione d’aiuto: «fin dai primi giorni mi trovai a vivere un problema che pure c’era, ma di fatto io incontrai una persona che si chiamava Danilo, poi venne Claudio, poi Mario e, insieme, attraverso quest’incontro affrontavamo il problema di ciascuno, perché l’essere umano è un’integralità di situazioni che si vivono. L’alcol certamente distrugge il livello biologico, fisiologico, neurologico, sociale ma dietro l’alcol c’è una persona che vive dei disagi. Quindi, compresi che era necessario andare più sulle cause e le cause riguardavano il livello di maturità di fronte alle situazioni della vita e alla realtà del quotidiano che, in qualche modo, poneva dei timori, delle fughe, delle chiusure e, quindi, cominciai ad impostare tutto il cammino a livello relazionale-educativo, rendendo i ragazzi protagonisti di tutto quello che nel quotidiano ci trovavamo a fare».
Per il sig. Stelio Cardarelli invece, Referente di ANCA- una piccola associazione di Sora che assiste circa 50-60 persone l’anno con l’auto mutuo-aiuto, accompagnandoli anche fisicamente presso le strutture ospedaliere e presso il SERT – il Protocollo con il CRARL rappresenta «un grande aiuto perché a Frosinone c’è un grande problema di alcolismo. Frosinone viene da una civiltà contadina dove bere, appunto, significava l’iniziazione verso la vita adulta, si consuma più alcol per esempio tra le donne casalinghe che hanno perso il lavoro, poi i problemi economici hanno aumentato questo problema, perché la gente non sa dove rivolgersi, l’alcol si trova ai supermercati, costa poco e, quindi, è accessibile a tutti!».
Particolarmente sentito nella provincia di Frosinone è il problema dei detenuti con dipendenza da alcol a causa della presenza di ben tre istituti penitenziari (Frosinone, Paliano e Cassino). «Su 150 detenuti con problemi di dipendenza da sostanze o, comunque, di disturbo da uso di sostanze al di là della dipendenza o meno, abbiamo non più di 10-15 persone con dipendenza da alcol- ha spiegato la dott.ssa Adele Di Stefano,Responsabile UOC Dipendenze e Psicopatologie nel circuito penitenziario della ASL di Frosinone e Referente Tecnico per le Dipendenze per la Regione Lazio. È stato fatto un percorso di 4 anni con tutti i Servizi del pubblico e del privato sociale nell’ambito delle dipendenze: formazione sul campo, seminari e affiancamento ai processi clinici».
All’interno del carcere viene garantito a tutti un trattamento, non solo multidisciplinare ma anche integrato con le altre aree del penitenziario e, come ha precisato la dott.ssa Di Stefano: «all’interno del carcere tutti i colleghi che si occupano di dipendenze, si occupano sia di dipendenze che di alcolismo, essendo l’Unità Operativa anche integrata con la parte sulla Salute Mentale. Abbiamo pazienti con problemi alcol correlati che storicamente trattiamo, in carcere questa cosa è antica! La cosa che credo manchi, non solo da noi ma un po’in generale come cultura all’interno del carcere, è invece una dimensione di prevenzione e di sensibilizzazione: non c’è nessun tipo di attività strutturata nel tempo sull’educazione, sullo stile di vita, se non a spot. Ma questo è il prossimo obiettivo che ci stiamo ponendo!».
COMUNICATO STAMPA – presentazione
COMUNICATO STAMPA – risultanze