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RELAZIONE dati 2019 REGIONE LAZIO
Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sugli interventi realizzati ai sensi della Legge 30.3.2001 n. 125 in materia di alcol e problemi alcol correlati: anno 2020
La relazione, trasmessa al Parlamento il 6 maggio 2021, illustra il quadro epidemiologico sul fenomeno alcol nel nostro Paese, aggiornato al 2019, i modelli di trattamento per l’alcoldipendenza e la capacità di assistenza dei Servizi alcologici con le eventuali criticità emerse. Illustra, inoltre, gli interventi e le iniziative intraprese dal Ministero della Salute nell’anno 2020. Il documento viene annualmente curato dalla Direzione generale della prevenzione sanitaria.
……. 1.1.3 L’ALCOL NELLE LINEE GUIDA
Le bevande alcoliche, soprattutto il vino, sono un prodotto largamente utilizzato nel nostro Paese e
il loro consumo è parte integrante della cultura e della tradizione italiana. Da qui la necessità di
inserirle in un documento di salute pubblica come le “Linee guida per una sana alimentazione”,
revisione 2018, curato dal Centro di Ricerca Alimenti e Nutrizione (CREA).
Il consumo ad alto rischio di alcol rappresenta un importante problema di salute pubblica, in quanto
responsabile in Europa di circa il 4% di tutte le morti e di circa il 5% degli anni di vita persi per
disabilità. Ciò ha indotto molti Paesi ad adottare raccomandazioni sul consumo di bevande
alcoliche, suggerendo la prudenza come esprime con chiarezza il concetto condiviso “Less is
better”.
Nei documenti di consenso, nelle Linee Guida più moderne non si usano più termini come
“consumo moderato”, “consumo consapevole”, o simili, che potrebbero indurre il
consumatore in una certa indulgenza nel bere alcolici, ma si parla di consumi a basso rischio,
specificando che se non si consumano bevande alcoliche, di qualsiasi tipo esse siano, è senza
dubbio meglio. Così come suggerito anche dal Codice europeo contro il cancro, documento frutto di un’iniziativa della Commissione europea e diretto all’informazione dei cittadini sulle azioni da
intraprendere per diminuire il rischio di cancro, si è sostituito il concetto di “consumo moderato di
bevande alcoliche” con “consumo a basso rischio”.
Secondo le principali Agenzie Internazionali di salute pubblica, l’alcol è una sostanza tossica e
cancerogena, tanto che la IARC (International Agency for Research on Cancer) lo classifica nel
gruppo 1 (sicuramente cancerogeno per l’uomo).
Il suo consumo prolungato e cronico è associato quindi ad aumentato rischio di cancro e non è
possibile stabilire una quantità assolutamente sicura. Senza contare che può indurre assuefazione,
dipendenza, alterazioni comportamentali.
Ciò a sottolineare che quando si tratta di bevande alcoliche, non può esistere un rischio pari a zero e
qualsiasi modalità di consumo comporterà un rischio, tanto più elevato quanto maggiore sarà la
quantità di alcol consumata.
Per questo motivo le indicazioni delle nuove linee guida italiane definiscono a basso rischio un consumo di 2 unità alcoliche per l’uomo adulto e 1 per donne adulte e anziani di entrambi i
sessi, corrispondenti rispettivamente a 24 e 12 grammi di alcol.
L’etanolo, pur non considerato un nutriente in quanto privo di sostanze nutritive ad eccezione di
zuccheri, ha un elevato potere calorico (7 Kcl/g). Pertanto, anche per consumi molto bassi come
quelli rappresentati da un bicchiere al giorno pari a circa una unità alcolica consumata apporta
mediamente 70 kcal. L’apporto energetico di un’unità alcolica si andrà ad aggiungere ad un
apporto calorico complessivo già tendenzialmente maggiore del fabbisogno, come testimonia il
fatto che un uomo di due e una donna su tre sono, nel nostro Paese, in eccedenza ponderale, oppure
andrà a sostituire le calorie apportate da alimenti importanti per lo stato complessivo di nutrizione.
Particolare attenzione deve essere quindi posta non solo per i rischi di varie patologie, ma anche per
quelli legati all’aumento di peso.
I principali danni da alcol si riscontrano soprattutto per il fegato (epatiti alcoliche, steatosi, cirrosi),
per il primo tratto dell’apparato digerente (gastriti acute e croniche, ulcere, emorragie, pancreatiti),
per il sistema nervoso (conseguenze della neurotossicità dell’acetaldeide), e per l’insorgenza di
tumori (bocca, faringe, laringe, esofago, fegato, mammella, colon-retto). Tuttavia nessun organo
risulta completamente indenne dagli effetti dell’etanolo se si considera che quest’ultimo ha la
capacità di sciogliersi nell’acqua corporea e diffondersi quindi in tutti i distretti corporei, con
eccezione per il tessuto osseo e quello adiposo. Da un punto di vista degli effetti avversi dell’alcol,
è importante non solo la quantità di alcol totale assunta ma anche il livello di concentrazione di
etanolo nel sangue, cioè l’alcolemia. L’alcol assunto per via orale, in breve tempo, si distribuisce in
tutti i liquidi corporei e, in 30-60 minuti, raggiunge il picco più alto nel sangue. Tale picco è
variabile e dipende da molti fattori, tra i quali i più importanti sono la quantità di alcol ingerita, le
modalità di assunzione (a digiuno o durante un pasto), la composizione corporea (soprattutto dalla
quantità di acqua), il peso, il sesso, l’età, la genetica, l’etnia, la capacità individuale di
metabolizzare l’alcol, l’abitudine al bere, l’uso dei farmaci.
E’ importante tenere presente che le donne e gli anziani, avendo percentuali di acqua inferiori
rispetto ai maschi adulti, presenteranno un’alcolemia più elevata rispetto agli uomini a parità di
consumo. A ciò si somma una minore efficienza dei meccanismi di metabolizzazione dell’alcol
delle donne e degli anziani che li rende più vulnerabili agli effetti dell’etanolo.
Non di meno lo sono i giovani, soprattutto i minorenni, sia per il minore peso corporeo, sia per la
minore efficienza dei meccanismi di metabolizzazione dell’alcol. Inoltre, l’acetaldeide, metabolita
primario dell’etanolo, è una sostanza neurotossica che va ad agire sui neuroni di un cervello ancora
in crescita, danneggiandolo irreversibilmente.
LEGGI LA RELAZIONE DELLA REGIONE LAZIO:
Relazione dati del 2019 sul fenomeno delle dipendenze nel Lazio
Il rapporto si basa sui dati raccolti dal Sistema Informativo Regionale Dipendenze (S.I.R.D), come da DGR 136/2007, sulle persone in trattamento nei servizi pubblici (Ser.D.) e del privato sociale accreditato (comunità residenziali e semiresidenziali) del Lazio.
